Palazzo Sormani

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Palazzo Sormani, situato in Corso di Porta Vittoria a Milano, è un esempio significativo di architettura barocca e neoclassica. La sua storia inizia nel XVI secolo, quando fu costruito un edificio di dimensioni ridotte per il generale imperiale Giambattista Castaldo, famoso per la sua partecipazione alle battaglie di Pavia e al sacco di Roma del 1527. L’edificio passò poi alla famiglia Medici di Marignano attraverso un matrimonio, entrando così in possesso di una delle famiglie più influenti di Milano, legata a figure di spicco come Giovanni Angelo Medici, noto come Papa Pio IV. Nel XVII secolo, il palazzo fu acquistato dal cardinale Cesare Monti, che commissionò all’architetto Francesco Maria Richini una serie di ampliamenti e abbellimenti. Richini progettò il cortile centrale, caratterizzato da un elegante porticato a cinque arcate e uno scenografico scalone d’onore che conduce al piano nobile. Questo spazio maestoso doveva impressionare i visitatori con la sua grandiosità e le sue linee classiche ispirate all’architettura romana. Alla morte del cardinale, il palazzo passò al nipote Cesare Monti-Stampa, che incaricò Francesco Croce di progettare una nuova facciata su Largo Augusto. Questa facciata, realizzata in stile barocchetto, presenta un corpo centrale sporgente con paraste corinzie in pietra, timpani curvilinei alternati e finestre ornate da stucchi. L’aggiunta di Croce conferì all’edificio un aspetto ancora più monumentale e ricco di dettagli decorativi. Nel XVIII secolo, Palazzo Sormani vide ulteriori trasformazioni. La seconda facciata, che si affaccia sul giardino, fu progettata dall’architetto Benedetto Alfieri. Questa facciata è caratterizzata da grandi lesene di ordine composito gigante che conferiscono slancio e verticalità all’edificio. Gli stucchi e le statue di Elia Vincenzo Buzzi, insieme al grande orologio dei fratelli Sangiusti, decorano ulteriormente questa parte del palazzo, creando un contrasto interessante con la più estrosa facciata su strada. Nel 1783, il palazzo fu venduto al conte Giovanni Pietro Paolo Andreani, imparentato con la famiglia Sormani attraverso il matrimonio. Gli Andreani arricchirono gli interni con stucchi di Giocondo Albertolli e Agostino Gerli, introducendo elementi del neoclassicismo francese. Un elemento distintivo del palazzo è la serie di 23 tele raffiguranti il mito di Orfeo, attribuite a un artista nordico e inizialmente considerate opere di Giovanni Benedetto Castiglione, noto come il Grechetto. Queste tele decorano la Sala del Grechetto, uno degli ambienti più suggestivi del palazzo. Nel XIX secolo, il palazzo passò ai Verri, che portarono con sé altre opere d’arte, tra cui i medaglioni sforzeschi e le tele di animali del Grechetto. Queste aggiunte arricchirono ulteriormente il patrimonio artistico del palazzo, rendendolo uno dei punti di riferimento culturali di Milano. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Palazzo Sormani subì gravi danni a causa dei bombardamenti, che distrussero parte degli interni e delle decorazioni. Nel dopoguerra, l’edificio fu restaurato dall’architetto Arrigo Arrighetti, che mantenne il rispetto per la storia e la memoria del luogo, pur adattandolo alle nuove esigenze. Nel 1956, il palazzo fu scelto come sede della Biblioteca Comunale Centrale di Milano, trasformandosi in un importante centro culturale. Il giardino del palazzo, progettato da Leopoldo Pollack nel XVIII secolo, fu arricchito nel 1955 da un complesso di statue di Agenore Fabbri, che rappresentano scene di caccia al cinghiale. Questo spazio verde all’inglese offre un’oasi di tranquillità nel cuore della città e completa l’armonia architettonica del complesso. Oggi, Palazzo Sormani è una delle sedi principali del sistema bibliotecario di Milano. La biblioteca ospita una vasta collezione di libri e manoscritti, offrendo spazi di studio e ricerca aperti al pubblico. Le sale restaurate del palazzo continuano a testimoniare la ricchezza della sua storia artistica e architettonica, mantenendo viva la memoria delle famiglie che lo abitarono e degli artisti che lo decorarono.
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