Chiesa di Santa Luciella ai Librai
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La Chiesa di Santa Luciella ai Librai è un piccolo gioiello nascosto nel cuore del centro storico di Napoli, situata in vico Santa Luciella, una viuzza che collega San Biagio dei Librai a San Gregorio Armeno. Fondata nel 1327 da Bartolomeo di Capua, giureconsulto e consigliere politico di Carlo II e Roberto I d’Angiò, la chiesa rappresenta uno degli esempi più affascinanti di architettura religiosa medievale nella città partenopea.
La chiesa è famosa per il suo legame con la corporazione dei pipernieri, gli artigiani che lavoravano il piperno, una pietra vulcanica locale. Questi artigiani, per proteggersi dai rischi del loro lavoro, veneravano Santa Lucia, patrona della vista, dedicandole questo luogo di culto. La chiesa divenne quindi un punto di riferimento per i pipernieri e le loro famiglie, che vi si recavano per chiedere protezione divina.
All’esterno, la chiesa presenta un portale in piperno sormontato da uno stemma della corporazione e un piccolo campanile con due campane, una grande dedicata all’Immacolata e una piccola a Santa Lucia. L’interno è a navata unica rettangolare, con un bellissimo pavimento maiolicato che è sopravvissuto all’abbandono e all’incuria. L’altare maggiore, posto sulla sinistra dell’entrata, ospitava una statua dell’Immacolata, mentre di fronte all’entrata si trova una cappella dedicata a Santa Lucia. La chiesa ospita anche un coro e un organo settecentesco, e le pareti sono decorate con stemmi mariani risalenti al rimaneggiamento del XVIII secolo.
Uno degli aspetti più affascinanti e misteriosi della chiesa è il cosiddetto “teschio con le orecchie”, conservato nell’ipogeo, la cripta sotterranea adibita a cimitero. Questo teschio, unico nel suo genere, presenta delle sporgenze laterali che somigliano a orecchie. La leggenda narra che, grazie a queste orecchie, il teschio potesse ascoltare meglio le preghiere dei fedeli, facilitando la comunicazione con l’aldilà. Questa particolarità lo rendeva un oggetto di grande venerazione, parte integrante del culto delle “anime pezzentelle”, una tradizione napoletana che prevede l’adozione di teschi di anime del purgatorio in cambio di favori celesti.
L’ipogeo è anche il luogo in cui i pipernieri seppellivano i loro morti, praticando la scolatura dei corpi nelle “terresante”, vasche in cui i corpi venivano drenati dei liquidi prima di essere posti nell’ossario. La pratica delle “anime pezzentelle” è legata alla credenza che l’anima del defunto risiedesse nel teschio, e che pregando per queste anime si potesse ottenere la loro intercessione.
Dopo un lungo periodo di abbandono, la chiesa è stata riaperta nel 2019 grazie all’associazione culturale “Respiriamo Arte”, che ha avviato un progetto di recupero e valorizzazione del sito. L’associazione organizza visite guidate ed eventi culturali, rendendo la chiesa un luogo di interesse non solo religioso ma anche turistico e sociale. Gli sforzi dell’associazione sono stati fondamentali per restituire questo prezioso monumento alla comunità, promuovendo anche attività di inclusione sociale come lezioni per bambini sui temi della legalità e dell’educazione civica.
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